I segnali di disagio tra le giovani generazioni sono sempre più evidenti, diffusi e innegabili. È difficile non conoscere, nel proprio ambito personale o professionale, ragazze e ragazzi tra i 18 e i 21 anni che abbiano vissuto esperienze di ansia, depressione o disturbi dell’umore (secondo una ricerca CNG e il CNOP, in Italia sono oltre il 70%).
Tuttavia, questo malessere continua a essere sottovalutato o ignorato.
L’81% dei giovani, inoltre, considera ormai la sofferenza psicologica come un’esperienza comune, quasi normale, condivisa da gran parte della propria generazione*. Stiamo parlando di una generazione intera che cede sotto un fardello; è un allarme che deve essere ascoltato, poiché riguarda il futuro della nostra stessa società.
Non è più accettabile interpretare la sofferenza giovanile come un semplice disagio individuale. Il senso di inadeguatezza, la sfiducia verso il futuro, la pressione costante a performare e conformarsi alle aspettative sono sintomi evidenti di un sistema che fatica a sostenere le nuove generazioni proprio nel momento della vita in cui queste dovrebbero essere nel pieno del loro potenziale.
Chi si affaccia al mondo del lavoro è chiamato a decidere chi vuole essere in una società che corre veloce ma non offre né spazi né direzioni chiare. Percorsi di carriera instabili, mancanza di riconoscimento, precarietà diffusa, la permacrisi… non c’è da sorprendersi se i ragazzi e le ragazze sono stanchi ancora prima di cominciare.
Esiste una retorica secondo la quale i giovani “non avrebbero più voglia di lavorare”: imprenditori, opinion leader e media tradizionali li accusano di preferire il comfort al sacrificio, ma questa narrazione trascura la complessità della realtà. Vediamo allora qualche dato reale.
A livello europeo, l’Italia continua a presentare forti criticità in termini di occupazione giovanile: nel nostro Paese il tasso di occupazione tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni è pari al 19,2%, contro una media europea del 34,8%*.
Parallelamente, il progressivo invecchiamento demografico ha avuto il suo impatto: in vent’anni l’Italia ha perso oltre un quinto dei suoi giovani, diventando l’ultima nazione in Europa per presenza di under 35.
Sul piano retributivo, la situazione non è più incoraggiante. Secondo INPS, nel 2022 la retribuzione lorda media annua degli under 34 nel settore privato si attestava a 15.616 euro*.
Eurostat riporta che il 10,7% dei lavoratori dipendenti italiani è classificato come “low-wage earner”, ovvero percepisce meno di 8,9 euro lordi all’ora. Questo dato, che riguarda solo le aziende con più di 10 dipendenti, suggerisce che la situazione nelle microimprese (la maggioranza del tessuto economico italiano) potrebbe essere anche peggiore.
In un contesto dove si attendono ancora adeguamenti salariali coerenti con l’inflazione, parlare di “scarso spirito di sacrificio” appare del tutto fuori luogo. Il vero nodo della questione è la perdita di valore, dignità e orizzonte del lavoro stesso.
Le imprese cercano flessibilità, voglia di imparare e spirito di iniziativa; ma per raccogliere queste qualità, devono prima seminare creando contesti in cui le persone siano valorizzate, rispettate e libere di esprimere il proprio potenziale.
Non basta più il salario, che pure resta un tema importante: restituire senso al lavoro significa anche offrire percorsi chiari, ambienti sicuri, formazione accessibile, vere opportunità di crescita professionale e umana.
In Professional Link, riteniamo che la tecnologia debba essere uno strumento al servizio della qualità della vita, non un fine. Le persone, con i loro bisogni e le loro aspirazioni, vengono prima di qualsiasi infrastruttura. Per questo, nel nostro piccolo, cerchiamo di contribuire al miglioramento della situazione presente impegnandoci a:
In PLINK facciamo questo perché crediamo che il futuro non sia qualcosa di vago, da attendere passivamente, ma una chiamata alla responsabilità comune, da plasmare insieme.
Quando i giovani smettono di essere proiettati in avanti, la società corre un grave pericolo.
Ogni impresa, indipendentemente dalla sua dimensione, può fare la propria parte per invertire la rotta che stiamo percorrendo. Senza nemmeno troppo sforzo possiamo scegliere di creare spazi dove il lavoro torni a essere fonte di senso e di dignità.
Perché, se una generazione intera si sente esausta prima ancora di iniziare, il problema è il mondo che gli abbiamo lasciato, e cambiare quel mondo è una nostra responsabilità.
In Professional Link interpretiamo questo come la misson del nostro modo di fare impresa tramite la cultura, l’arte e la bellezza, che sono elementi essenziali per costruire ambienti di lavoro creativi, stimolanti e sostenibili.
Fonti
Il 21 marzo 2025, Professional Link ha avuto il piacere di incontrare le classi Quarte e Quinte di un Liceo Scientifico della provincia di Como, nell’ambito di un intervento dedicato ai futuri (sì, al plurale) al valore dell’arte e al ruolo della cultura all’interno dell’impresa.
L’incontro, con circa novanta studenti, è stato stimolante e denso, confermando quanto il dialogo tra scuola e impresa sia fondamentale per costruire delle visioni condivise in merito al nostro domani.
Abbiamo condiviso con gli studenti la nostra filosofia: un modello che guarda non solo il risultato economico, ma prima di tutto al valore del tempo trascorso in azienda e alla qualità delle relazioni umane. Il confronto ci ha resi ancora più consapevoli della responsabilità sociale che ogni impresa è chiamata ad assumere.
Abbiamo proposto un sondaggio agli studenti presenti all’incontro, con l’obiettivo di ascoltare direttamente le loro percezioni, aspettative e preoccupazioni in merito al futuro, lavorativo ma non solo. I risultati raccolti offrono spunti di riflessione per chi, come noi, si interroga sul ruolo che l’impresa può e deve assumere nei confronti delle nuove generazioni.
Ogni realtà aziendale può riflettere su questi dati e a trarne le proprie considerazioni.
Cosa vi spaventa di più del futuro?
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